IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CALABRIA 
                            Sezione Prima 
 
    ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale  894  del  2018,  proposto  da  Donato  D'Ambrosio,
rappresentato e difeso dagli  avvocati  Giuliano  Gruner  e  Federico
Dinelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia; 
    Contro: 
        Presidenza   del   Consiglio   dei   ministri   e   Ministero
dell'istruzione dell'universita' e  della  ricerca,  rappresentati  e
difesi dall'Avvocatura distrettuale Catanzaro, domiciliata ex lege in
Catanzaro, via G.Da Fiore, 34; 
        Universita'  della  Calabria  rappresentato  e  difeso  dagli
avvocati Giovanni Macri' ed Umile Abbruzzese, con domicilio  digitale
come da PEC da  Registri  di  giustizia  e  domicilio  eletto  presso
l'avvocatura universitaria in Rende, Ponte Pietro Bucci Cubo 7-11; 
    e con l'intervento di ad adiuvandum: 
        Gianfranco Adornato, Fabrizio Agosta, Eugenia Allegra,  Marco
Barchi, Massimiliano Bergallo,  Stefano  Brillanti,  Federico  Cella,
Antonio Costanzo Chiappa, Simone Cristoforetti, Pierantonio De  Luca,
Liborio Dibattista, Francesco Di  Paola,  Bruna  Ecchia,  Mariateresa
Gattullo, Manuela Giordano, Fabrizio Leoni, Giovanni Mastroleo, Paola
Pinelli,  Francesca  Porcellati,  Anna  Grazia  Quaranta,   Francesca
Rinella, Pierluigi Toniutto, Salvatore Valiante, Aiti Vizzini, Sandro
Zagatti,  Elena  Zattoni,  rappresentati  e  difesi  dagli   avvocati
Giuliano Gruner e Federico Dinelli, con domicilio  digitale  come  da
PEC da Registri di giustizia; 
    per l'annullamento 
        della nota prot. n. 11985 del  19  aprile  2018,  recante  in
oggetto: «Istanza di valutazione ai sensi dell'art. 24, commi 5 e  6,
della legge n. 240/2010»; del Regolamento  per  la  disciplina  della
chiamata dei professori  di  ruolo  di  prima  e  seconda  fascia  in
attuazione degli articoli 18 e 24 della legge n.  240/2010,  adottato
con D.R. n. 2654 del 1° dicembre 2011,  con  particolare  riferimento
agli articoli 2, 3 e da 13 a 18; 
        e per accertamento del diritto soggettivo del  ricorrente  ad
essere sottoposto alla procedura di valutazione di cui  all'art.  24,
comma 5, della legge n. 240 del 2010. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti gli atti di costituzione  in  giudizio  di  Presidenza  del
Consiglio   dei   ministri    e    di    Ministero    dell'istruzione
dell'universita' e della ricerca e dell'Universita' della Calabria; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  30  gennaio  2019  la
dott.ssa Francesca Goggiamani e uditi per le parti i  difensori  come
specificato nel verbale; 
1. Svolgimento del processo. 
    Il dott. Donato D'ambrosio,  premettendo  di  essere  ricercatore
confermato (di ruolo) e di aver conseguito l'abilitazione scientifica
nazionale nel  proprio  s.s.d.,  ha  proposto  ricorso  al  Tribunale
amministrativo regionale Calabria per l'annullamento, previa adozione
delle idonee misure  cautelari,  della  nota  dell'Universita'  della
Calabria prot. n. 11985 del 19 aprile 2018 di rigetto  della  propria
istanza di essere sottoposto alla valutazione  di  cui  all'art.  24,
commi 5  e  6,  della  legge  n.  240  del  2010  (l.  Gelmini),  del
Regolamento per la disciplina della chiamata dei professori di  ruolo
di prima e seconda fascia di cui al D.R. n. 2654 del 1° dicembre 2011
(articoli 2, 3 e da 13 a 18), ed ha altresi' domandato l'accertamento
del proprio diritto soggettivo ad essere sottoposto alla procedura di
valutazione di cui all'art. 24, comma 5, della legge n. 240 del 2010. 
    Lamenta, in particolare l'illegittimita' costituzionale dell'art.
24, comma 6, legge n. 240/2010 per violazione degli articoli 2, 3, 4,
9, comma 1, 33, comma 1, 35, comma 1, 97, comma 2, Cost. e, pertanto,
la   manifesta   irragionevolezza,   ingiustizia   e   ingiustificata
disparita'  di  trattamento,   chiedendo   di   sollevare   questione
costituzionalita'. 
    Inoltre, dolendosi del contrasto della norma con l'accordo quadro
sul lavoro a tempo determinato di cui alla direttiva  n.  1999/70/ce,
nonche' con la direttiva n. 2000/78/ ha chiesto il rinvio alla  Corte
di Giustizia  ai  sensi  dell'art.  267  Trattato  sul  funzionamento
dell'Unione europea. 
    A fondamento delle domande ha  illustrato,  in  particolare,  che
nonostante  la  equivalenza  sotto  il  profilo  delle  modalita'  di
reclutamento, delle mansioni e dell'impegno didattico tra ricercatore
a tempo indeterminato (in sigla nel prosieguo RTI)  e  ricercatore  a
tempo determinato (in sigla nel prosieguo RTD), quest'ultimo,  se  ha
conseguito l'abilitazione scientifica  nazionale  (in  seguito  anche
a.s.n.),  ha  il  diritto  di  essere  sottoposto  ad  una  procedura
valutativa il cui esito positivo determina il suo ingresso nel  ruolo
dei professori associati (art. 24, comma 5), mentre il ricercatore  a
tempo indeterminato che ha  conseguito  l'a.s.n.,  puo'  accedere  al
ruolo  dei  professori  associati  mediante  lo   stesso   meccanismo
valutativo  solo  subordinatamente  ad  una  scelta  in  tal   senso,
ampiamente discrezionale, dell'Universita' e, per di piu', solo entro
la data del 31 dicembre 2019 (art. 24, comma 6). 
    Evidenzia il palesarsi della discriminazione  -)  per  essere  il
giudizio di conferma del ricercatore di ruolo affidato a  commissione
nazionale composta da professori estratti a sorte dal Cun,  a  fronte
della valutazione del ricercatore di tipo B affidata  alle  modalita'
stabilite dall'Ateneo di appartenenza, - ) per la maturazione  di  un
lungo periodo al servizio dell'ateneo del  ricercatore  confermato  a
fronte della sufficienza del rapporto triennale per il ricercatore  a
tempo determinato  e  -)  per  la  possibilita'  che  il  ricercatore
confermato seppur in possesso della abilitazione di prima fascia  non
venga sottoposto a valutazione con  soccombenza  nell'assunzione  del
ruolo di associato rispetto al ricercatore a  tempo  determinato  con
abilitazione di solo seconda fascia. 
    Si sono costituite la Presidenza Consiglio ed il Miur con memoria
di stile chiedendo il rigetto del ricorso. 
    L'Universita' della Calabria, costituitasi, ha chiesto il rigetto
per infondatezza. 
    Rammentando  la  riforma  del  sistema  delle  docenze  e   delle
procedure di chiamata dei professori di prima  e  seconda  fascia  da
parte  della  legge  Gelmini,  a  garanzia  della  meritocrazia,   ha
contestato l'assunto del ricorrente di sovrapponibilita' delle figure
di  ricercatore  a  tempo  indeterminato   tanto   per   sistema   di
reclutamento quanto per mansioni ed infine, per regime di impiego. Di
conseguenza, ha concluso evidenziando che la procedura valutativa  di
cui al comma 6 e' simile, sotto il profilo strutturale, a  quella  di
cui al comma 5, differenziandosene, pero', per funzione e ratio. 
    Ha, inoltre, rammentato che la procedura  di  chiamata  aperta  a
tutti  i  candidati  ex  art.  18,  comma  1   rimane   garanzia   di
imparzialita' con chance che il ricorrente non aveva concretizzato in
quanto risultato non idoneo alla selezione per la  copertura  di  due
posti di professore associato proprio per i suo  settore  scientifico
indetto dall'Unical con D.R. n. 1284 del 24  ottobre  2016  (allegato
4). 
    La fase cautelare e' stata definita ex art. 55, comma 10  con  la
fissazione dell'udienza di merito. 
    Nel giudizio sono intervenuti ad adiuvandum i  dott.ri  Adornato,
Agosta,  Allegra,  Barchi,  Bergallo,  Brillanti,   Cella,   Chiappa,
Cristoforetti, De  Luca,  Dibattista,  Di  Paola,  Ecchia,  Gattullo,
Giordano, Leoni, Mastroleo, Pinelli, Porcellati,  Quaranta,  Rinella,
Toniutto, Valiante, Vizzini, Zagatti e Zattoni, tutti  ricercatori  a
tempo  indeterminato  confermati  con  abilitazione  scientifica   di
seconda fascia e mai chiamati dai propri Atenei per la valutazione  a
professori associati. 
    All'udienza pubblica del 30 marzo 2019, udita la discussione,  la
causa e' stata trattenuta in decisione. 
2. Il rinvio alla Corte costituzionale. 
    Ritiene il Tribunale di  dover  sollevare,  in  riferimento  agli
articoli  3  e  97  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 24, comma 6, legge n. 240/2010, nella  parte
in cui prevede che a procedura di valutazione dei ricercatori a tempo
indeterminato sia discrezionale e con termine ultimo del 31  dicembre
2019, ravvisandone i presupposti  della  rilevanza  e  non  manifesta
infondatezza. 
2.2 La rilevanza della questione (art. 23, legge n. 87/1953). 
    Fonda il dott. D'Ambrosio il ricorso con cui impugna  il  rigetto
della domanda di essere sottoposto alla valutazione di  cui  all'art.
24, comma 5 e dell'accertamento del  correlativo  diritto  unicamente
sulla illegittimita' costituzionale della norma de qua  e  sulla  sua
incompatibilita' con la normativa eurounitaria di cui alle  direttive
n. 1999/70/CE e 2000/78/CE. 
    E' agevole rilevare per il Collegio che il  sollevato  dubbio  di
contrasto con le suddette norme eurounitarie non  sia  pertinente  al
caso di specie e non  possa  portare,  dunque,  all'accoglimento  del
ricorso. 
    Il ricorrente prospetta, infatti, in primo luogo  che  osti  alla
disciplina  interna  della   chiamata   dei   ricercatori   a   tempo
indeterminato la direttiva n. 1999/70/CE la quale, tuttavia,  non  ha
rilievo nel giudizio in esame  in  quanto  normativa  attinente  alla
diversa categoria dei lavoratori a tempo determinato e per i quali si
giustifica, stante le peculiari incertezze del  lavoro  a  tempo,  la
disposizione  sovranazionale  di  non  discriminazione  rispetto   ai
lavoratori «stabili». 
    In secondo luogo egli ritiene contraria la disposizione in parola
con la direttiva n. 2000/78 che, dettando il quadro per la parita' di
trattamento in materia di occupazione  e  di  condizioni  di  lavoro,
vieta all'art. 2 la discriminazione  indiretta  riscontrabile  quando
una disposizione, un criterio  o  una  prassi  apparentemente  neutri
possono mettere in una posizione di  particolare  svantaggio  persone
che, tra l'altro, abbiano una particolare  eta',  attesa  l'ordinaria
evenienza dell'eta' piu' avanzata del ricercatore «di  vecchio  tipo»
(RTI) rispetto a quello «di nuovo conio» (RTD). 
    Dimentica, tuttavia, la difesa del dott. D'Ambrosio che la  Corte
di giustizia piu' volte ha ritenuto non riscontrabile  la  disparita'
di trattamento dei lavoratori per ragioni di  eta',  ove  la  diversa
disciplina   interna   rivolta   ai   lavoratori   non    si    fondi
indissolubilmente ne' indirettamente sull'eta' del lavoratore (v., in
tal senso, sentenza  del  22  dicembre  2008,  Centeno  Mediavilla  e
a./Commissione, C-443/07, punti 81 e 83, sentenza del 7 giugno  2012,
Tyrolean Airways Tiroler Luftfahrt Gesellschaft, C-132/11, punti 29 e
30 e da ultimo, sentenza 14 febbraio 2019, n. 154 in causa  C-154/18,
punti 25-28). 
    Seppur accada ordinariamente in fatto che i ricercatori  a  tempo
indeterminato, in quanto assunti anteriormente alla legge  del  2010,
abbiano eta' piu' avanzata di quelli introdotti  da  tale  legge,  la
difforme disciplina ha il suo cardine non sul  requisito  anagrafico,
ma sul diverso inquadramento al fine di riformare in termini generali
l'accesso alla docenza universitaria. 
    Escluso, dunque, il profilo di  possibile  antieuronitarieta'  la
tutela invocata dal ricercatore ha il suo esclusivo fondamento  nella
incostituzionalita' dell'art. 24, comma 6, legge n. 24/2010. 
    Ai fini della rilevanza della disposizione nel presente  processo
deve chiarirsi che non vi siano margini di interpretazione  in  senso
costituzionalmente orientato nella norma da applicare. 
    L'art. 24 a chiare lettere prevede al suo quinto  comma  per  gli
RTD che  nel  terzo  anno  di  contratto  «l'Universita'  valuta»  il
ricercatore ai fini della chiamata nel ruolo di professore  associato
ove  egli  «abbia  conseguito  l'abilitazione  scientifica»   ed   al
contrario al suo sesto comma dispone che la procedura di  valutazione
«puo'» essere utilizzata per la chiamata nel ruolo di  professore  di
seconda fascia dei ricercatori  a  tempo  indeterminato  in  servizio
nell'Universita'  medesima,  che  abbiano  conseguito  l'abilitazione
scientifica. 
    La giurisprudenza  amministrativa  nell'applicare  la  norma  ha,
conseguentemente, sempre evidenziato  l'obbligo  di  valutazione  per
l'Universita' nel primo caso e la sola facolta' nel secondo caso  (v.
Tribunale amministrativo regionale Lazio, Sez. III bis, n. 3641 del 3
aprile 2018; Tribunale  amministrativo  regionale  Valle  d'Aosta,  7
ottobre 2016, n. 42). 
    Alla luce  di  quanto  esposto,  e'  evidente  che  la  questione
sollevata e' rilevante, in quanto, in caso e solo in tal caso, di suo
eventuale   accoglimento   con   declaratoria    di    illegittimita'
costituzionale dell'art. 24, comma 6, legge n. 240/2010  nella  parte
in cui prevede la procedura di valutazione dei  ricercatori  a  tempo
indeterminato sia discrezionale e con termine ultimo del 31  dicembre
2019, il  ricorso  andrebbe  accolto  con  annullamento  del  diniego
dell'istanza del dott. D'Ambrosio ad essere sotto posto  a  procedura
di valutazione  ai  fini  della  chiamata  nel  ruolo  di  professore
associato. 
2.3. La non manifesta infondatezza. 
    La  questione,  oltre  che  rilevante,  e'   non   manifestamente
infondata. 
    Questo Collegio dubita ragionevolmente della non  conformita'  ai
parametri costituzionali di cui agli articoli 3 e  97  dell'art.  24,
comma 6, legge n. 240/2010 nella parte in cui prevede la procedura di
valutazione dei ricercatori a tempo indeterminato sia discrezionale e
con termine ultimo del 31 dicembre 2019. 
    E' necessario a tale fine sinteticamente  rammentare  la  riforma
Gelmini in punto di selezione del personale docente, il cui  fine  e'
elevare  la  concorrenza  e  il  merito  nelle  universita'  e  nello
specifico garantire standard per il reclutamento e la valutazione dei
docenti. 
    La riforma, anzitutto prevede due uniche posizioni accademiche di
ruolo, quella di professore associato  di  prima  e  seconda  fascia,
selezionati con duplice passaggio: il conseguimento di una  idoneita'
o abilitazione, valida per un periodo di tempo limitato  ed  efficace
rispetto a qualsiasi universita' italiana (cfr. art. 16),  cui  segue
la fase della scelta, attraverso la chiamata dell'idoneo/abilitato da
parte della singola Universita'. 
    E' impedito per il  futuro  alle  Universita'  bandire  posti  di
ricercatore «a tempo indeterminato» di cui all'art.  1,  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 382/1980 (art.  29,  comma  1),  ruolo
gia' messo ad esaurimento dalla riforma Moratti  (legge  n.  230  del
2005). 
    La  legge  del  2010  prevede,  altresi',  le  nuove  figure  dei
«ricercatori a tempo determinato» (Art. 24), con compiti di ricerca e
di  didattica,  titolari  di  contratto  di  lavoro  subordinato  con
l'Universita', di due tipologie (a e b). 
    I contratti di tipo a) corrispondono a posizioni «post-dottorali»
delle quali non e'  prevista  in  alcun  modo  la  trasformazione  in
contratti permanenti. La durata massima di  questi  contratti  e'  di
cinque anni, tre anni con un possibile rinnovo di due anni. 
    I contratti di tipo b) possono essere stipulati solo con  chi  ha
usufruito per almeno tre anni di contratti di tipo a), ovvero, sempre
per almeno tre anni, di assegni di ricerca o borse post-dottorali  in
Italia  o  di  analoghe  posizioni  all'estero.  Essi  hanno   durata
triennale, ma i ricercatori titolari sono destinati a progredire  nel
ruolo dei professori associati ove abbiano conseguito la abilitazione
scientifica    nazionale    e    siano    valutatati    positivamente
dall'Universita' ai fini  della  chiamata  nel  ruolo  di  professore
associato,  in  relazione  alla  attivita'  scientifica  e  didattica
svolta. 
    Come si diceva la norma prevede come  obbligatoria  per  l'Ateneo
alla scadenza del triennio la valutazione con correlativo diritto per
il ricercatore ad esservi sottoposto (art. 24, comma 5). 
    Tale valutazione e' estesa per i ricercatori «vecchio  tipo»  che
abbiano conseguito l'abilitazione scientifica dal comma  6  dell'art.
24, ma sino al 31 dicembre del 2019 a discrezione dell'Universita'. 
    La  descritta  procedura  di  chiamata  riservata,  dunque,  agli
interni, gia' in servizio presso l'Universita' che vi procede, e' poi
alternativa (art. 18), come ricordava l'Unical,  a  procedura  aperta
alla partecipazione degli «studiosi in possesso dell'abilitazione per
il  settore  concorsuale»,  anche  se  siano   in   servizio   presso
un'Universita' diversa da quella che procede alla chiamata o anche se
non prestino affatto servizio presso alcuna Universita'. 
    A differenza della chiamata diretta con valutazione  individuale,
la procedura di chiamata pubblica  si  caratterizza  per  valutazione
comparativa delle candidature. 
2.3.1. La violazione  dell'art.  3  in  termini  di  irragionevolezza
estrinseca e disparita' di trattamento. 
    Rientra   certamente   nella   legittima   discrezionalita'   del
legislatore della riforma delle docenze universitarie  la  scelta  di
abolire la figura del ricercatore di cui al  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 382/1980 nella logica di evitare che docenti  con
la sicurezza del contratto  a  tempo  indeterminato  non  siano  piu'
incentivati ad elevare il livello di didattica e ricerca. 
    Risulta, tuttavia priva di ragionevolezza cd. estrinseca e dunque
incongrua rispetto al fine riscontrabile da elementi ab  externo,  la
scelta di non consentire a coloro  che  hanno  ottenuto  il  positivo
giudizio di conferma da commissione  nazionale  (art.  31,  comma  1,
decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.  382/1980)  ed  hanno
conseguito l'abilitazione scientifica nazionale di essere  sottoposti
«di diritto» alla valutazione ai fini della  chiamata  dalla  propria
Universita', al pari delle figure simili dei ricercatori di tipo b). 
    Se  la  finalita'  della  legge  e'  quella  di   selezionare   i
meritevoli, non comprensibile e' la  scelta  di  non  dare  chance  a
coloro che abbiano le «carte in regola»,  salvo  il  possibile  esito
negativo della valutazione, finendo per sottoporli alla logica  delle
chiamate «di favore» che la riforma intende elidere. 
    Dunque, rispetto ai  colleghi  RTD  si  crea  per  i  ricercatori
confermati con  abilitazione  scientifica  nazionale  una  disciplina
limitativa della chiamata diretta senza  ragionevole  giustificazione
(v.   per   l'irragionevolezza   nella   creazione   di    discipline
differenziate per situazioni analoghe o per diverse categorie,  Corte
costituzionale n. 24/1994, n. 76/1994, n. 285/1995 e piu' di  recente
n. 286/2008; n. 27/2009; n. 77/2018; n. 166/2018  ed  in  particolare
per la irragionevolezza della disciplina  della  ricostruzione  della
carriera dei ricercatori che abbiano prestato servizio per almeno tre
anni come tecnici  laureati  che  diventino  ricercatori,  pur  nella
essenziale differenziazione tra le due categorie tecnici  laureati  e
ricercatori Corte costituzionale n. 191/2008). 
    Il ricorso ben evidenzia il paradosso per la selezione sul merito
della  possibilita'  che  un  RTI  con  abilitazione  di   professore
ordinario non abbia diritto ad essere sotto posto a  valutazione  per
la chiamata diretta a fronte di un RTD che abbia la  abilitazione  da
solo professore associato. 
    Si  badi  che  la  irragionevolezza  del  trattamento  degli  RTI
potrebbe  diventare  piu'  profonda  ove  la   Corte   di   giustizia
rispondesse  al  recente  interpello  del  Tribunale   amministrativo
regionale Lazio sui ricercatori di tipo A affermando che la direttiva
n. 1999/70/CE osta a che  una  normativa  nazionale  precluda  per  i
ricercatori universitari assunti con contratto a tempo determinato di
durata triennale, prorogabile per due anni, ai  sensi  dell'art.  24,
comma 3, lettera a) della  legge  n.  240  del  2010,  la  successiva
instaurazione di un rapporto  a  tempo  indeterminato  (v.  Tribunale
amministrativo regionale Lazio, sez. III,  ordinanza  n.  4336/  2018
pubblicata il 3 aprile 2019). 
    La stabilizzazione di tali figure di ricercatori,  i  quali  sono
stati assunti senza prospettiva di sbocchi, li assimilerebbe di molto
ai ricercatori confermati. 
    Ritiene  il  Collegio  non  manifestamene  infondata   anche   la
violazione del principio di uguaglianza. 
    E' nota la difficolta' di dimostrare la sussistenza di  identita'
di situazioni che si additano implausibilmente  trattate  in  maniera
distinta  (v.  per  tutte  v.  Corte  costituzionale  n.  3/1957,  n.
111/1981, n. 171/1982, n.  340/2004),  situazione  di  identita'  qui
effettivamente riscontrabile. 
    Il tertium comparationis nella  specie  e',  come  risulta  dalla
ricostruzione effettuata, il diritto alla valutazione della  chiamata
diretta prevista per i soli  i  ricercatori  di  tipo  B,  previsione
rispetto  a  cui,  dunque,  raffrontarsi  la   ragionevolezza   della
differente  previsione  di  valutazione   «a   discrezione»   per   i
ricercatori a tempo indeterminato. 
    L'omogeneita'  delle  situazioni   trattate   distintamente   dal
legislatore nella chiamata diretta si delinea nei  tratti  essenziali
che  disciplinano  le  due  figure,   in   disparte   le   differenze
eminentemente legate alla durata del rapporto. 
    La disciplina di RTI e di  RTD  e',  infatto,  sovrapponibile  in
punto di reclutamento (pubblico concorso con valutazione di titoli  e
pubblicazioni, da discutere pubblicamente con la commissione art.  1,
comma 7, decreto-legge n. 180/2008 per i primi ed art. 24,  comma  2,
lettera c), legge n. 240/2010 per i secondi), in  punto  di  mansioni
consistenti  in  ricerca,  didattica,  didattica  integrativa  e   di
servizio agli studenti (v. art. 6, comma 4, legge n. 240/2010  per  i
primi ed art. 24, comma 1, legge n. 240/2010 per i secondi), in punto
di impegno nei primi tre anni con le 350 ore del tempo pieno (decreto
del Presidente della Repubblica n. 382/1980 e legge n. 240/2010). 
    Ne  consegue  che  rispetto  alla  finalita'  di  selezione   dei
professori  associati  piu'   meritevoli   provenienti   dall'interno
dell'Ateneo rimane irrazionale il diverso regime. 
2.3.2. La violazione dell'art. 97 Cost. 
    La delineata ipotesi di mancata assunzione  del  professore  piu'
preparato  pare   a   questo   Tribunale   amministrativo   regionale
contrastare anche con il canone di buon andamento di cui all'art.  97
Cost. 
    La Corte costituzionale, seppur in fattispecie diversa, gia'  con
la sentenza del 9 maggio 2013, n. 83 ha affermato che seppur  rientra
nella discrezionalita' del legislatore  l'obiettivo  di  favorire  il
ricambio generazionale nell'ambito dell'istruzione universitaria,  il
perseguimento  di  tale  obiettivo   deve   essere   bilanciato   con
l'esigenza,   a   sua   volta   riconducibile   al   buon   andamento
dell'amministrazione e percio' nello schema del citato art. 97 Cost.,
di mantenere in  servizio  docenti  in  grado  di  dare  un  positivo
contributo per la particolare esperienza professionale  acquisita  in
determinati  o  specifici  settori  ed  in  funzione  dell'efficiente
andamento dei servizi. 
    Analogamente pur nel  rinnovo  dello  statuto  della  figura  del
ricercatore  e'  contrario  al  principio  di  buona  amministrazione
ostacolare la progressione di ricercatori di esperienza  sol  perche'
entrati nel vigore di pregressa disciplina. 
    3.  In  conclusione,  ai   sensi   degli   articoli   134   della
Costituzione; 1 legge costituzionale n. 1/1948; 23 legge  n.  87/1953
il Tribunale dichiara rilevante e non  manifestamente  infondata,  in
relazione agli articoli 3 e 97 della Costituzione,  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 24, comma 6, legge n.  240/2010
nella parte in cui  prevede  che  la  procedura  di  valutazione  dei
ricercatori a tempo indeterminato «puo'» essere  utilizzata  anziche'
«e'» utilizzata e nella parte in cui prevede il termine ultimo del 31
dicembre 2019.